LA VENDEMMIA 2019: INTERVISTA AD ALESSANDRO CELLAI

E’ stata una vendemmia lunga e impegnativa quella che si è conclusa a Castellare di Castellina, nel Chianti Classico, a Rocca di Frassinello, in Maremma Toscana e nelle tenute siciliane Feudi del Pisciotto e Gurra di Mare del gruppo Domini Castellare di Castellina. La primavera fredda, che ha ritardato la maturazione delle uve, e l’estrema variabilità infrannuale del clima hanno imposto delle scelte agronomiche che Alessandro Cellai, capo enologo e Amministratore Delegato delle aziende DCC, ci spiega in questa intervista.



Alessandro, come hai affrontato questo 2019 così complicato dal punto di vista climatico?

L’annata 2019 sotto il profilo climatico è stata una delle più complesse degli ultimi anni soprattutto nel periodo primaverile ed inizio estate, dove le temperature sono state molto al di sotto delle medie e le piogge insistenti, durante la fioritura, hanno ritardato molto le successive fasi fenologiche. Per fortuna, poi, i mesi di luglio e agosto, ma soprattutto settembre, sono stati caratterizzati da giornate soleggiate con temperature alte ma non altissime durante il giorno e soprattutto con un notevole abbassamento delle stesse durante la notte; situazione, questa, che ha favorito moltissimo la maturità fenolica quasi perfetta. Una vendemmia quindi che alla fine è risultata una delle migliori degli ultimi anni nonostante le premesse non fossero entusiasmanti.

Come si può intervenire in vigna per fronteggiare l’estrema variabilità di un clima capace di passare dalla siccità alle piogge abbondanti in maniera così repentina?

Ovviamente il lavoro in vigna è determinante e risulta fondamentale per riuscire a guidare il vigneto in funzione delle condizioni climatiche. Quindi, elasticità e, soprattutto, dinamicità ad intervenire per correggere rapidamente la gestione del vigneto al cambiare delle condizioni climatiche.

L’estrema variabilità ha interessato sia la Toscana che la Sicilia. In quale delle due regioni è stato più complicato gestire i vigneti?

Sicuramente la Sicilia dove la variabilità è stata maggiore e ha portato ad un allungamento importante del ciclo vegetativo.

C’è un vitigno in particolare che ha mostrato maggiore reattività alla variabilità climatica?

“Il Sangiovese si è comportato in maniera sorprendente. E’ sicuramente il più reattivo di tutti quelli che abbiamo.”

E uno che ha sofferto di più?

Il Nero d’Avola che ha subito molto le basse temperature e le numerose piogge primaverili.

Cosa ci dobbiamo aspettare dall’annata 2019?

Vini di grande complessità ma anche di straordinaria freschezza, destinati al lungo invecchiamento.

Alessandro, per chiudere, è di questi giorni la notizia del riconoscimento attribuito da Wine Spectator, ossia la Bibbia della critica enologica mondiale, al Chianti Classico 2017 di Castellare di Castellina, che è stato premiato tra i venti migliori vini al mondo nella Top 100. Ci puoi spiegare perché la 2017 è stata un’annata così straordinaria, in prospettiva, cosa significa per l’azienda questo riconoscimento?

Anche la 2017 non è stata una vendemmia partita con i favori della critica Anzi, molti giornalisti l’hanno condannata prima ancora di vederne i risultati. Sono felicissimo di questo riconoscimento preso con un vino base, frutto soprattutto dello straordinario micro clima di Castellare e della sua ideale posizione geografica che, nonostante le difficoltà dell’annata, hanno permesso di presentare un vino che mette in evidenza i muscoli (dell’annata) ma anche tanta freschezza, aspetto quest’ultimo che lo rende estremamente godibile. Un grande riconoscimento per Castellare ma anche per la denominazione Chianti Classico che ormai da alcuni anni si pone sempre ai vertici qualitativi assoluti.

VENDEMMIA 2019
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